Poche parole per un fatto assolutamente increscioso (eufemismo) accaduto ieri 28 marzo in Avvocatura dello Stato.
L’episodio nasce dalla convocazione per la contrattazione collettiva integrativa (contrattazione di secondo livello) quella che ha per oggetto, ad esempio, i criteri di ripartizione del FUA nazionale.
La partecipazione a questi tavoli di contrattazione è disciplinata dall’art. 7 del CCNL 2016-2018 del 12 febbraio 2018. Cioè l’ultimo contratto firmato per noi lavoratori delle Funzioni Centrali.
Questo art. 7, nel comma 3, recita quanto segue:
“3. I soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa nazionale sono i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del presente CCNL.”
Come a dire:” O sei un sindacato che non dissente su quello che ti fanno firmare e quindi firmi, oppure sei fuori da qualsiasi altra contrattazione integrativa negli altri tavoli di contrattazione”.
Per meglio sintetizzare e a beneficio di quelli che non lo avessero ancora capito: o dici sì o sennò sei fuori.
Nessuno spazio a chi non è d’accordo.
A chi, magari, ha una visione diversa di come non reprimere e cancellare i diritti dei lavoratori.
Per fortuna in Italia ci sono ancora persone e strutture che ancora resistono e continuano nell’ostinata volontà di rimanere una democrazia a fronte di un’oligarchia di pochi “saggi” nominati.
Per cui il 27 luglio 2013 è stata depositata presso la Corte Costituzionale, la sentenza n.231, nella quale si stabilisce l’illegittimità costituzionale di escludere dai tavoli di contrattazione integrativa, quelle organizzazioni sindacali che, nonostante abbiano tutte le caratteristiche per partecipare, cioè siano rappresentative e che abbiano partecipato alla negoziazione relativa ai contratti collettivi nazionali, per il semplice fatto di non aver aderito a quest’ultimi tramite la firma.
Ossia chi dissente dall’aderire ad un contratto nazionale, ha ancora il sacrosanto diritto di continuare a svolgere la propria attività sindacale in difesa dei lavoratori, presso i tavoli di contrattazione integrativa!
Allora ci si interroga su come possa l’Avvocatura dello Stato, tempio del diritto, permettere che una norma contrattuale, il sopracitato art.7 del CCNL 2016-2018 del 12 febbraio 2018, palesemente incostituzionale, reprimere il dissenso di coloro che non hanno voluto RESPONSABILMENTE firmare un finto contratto, così tanto bramato dalle sirene politiche e INCOSCIENTEMENTE approvato da chi si è gettato nei flutti della sua firma.
Incomprensibile.
Anche se non rappresentativi nelle Funzioni Centrali, l’UGL Funzione Pubblica non si limiterà a protestare, seppure con veemenza, per il palese attacco alle libertà sindacali, ma porterà ciò che è accaduto in Avvocatura dello Stato e che sicuramente accadrà anche in altre amministrazioni, sugli scranni più alti della nostra Repubblica, affinché si ponga fine a quel percorso politico-contrattuale nel lavoro pubblico (ma non solo), che ha come massima aspirazione il silenziamento di qualsiasi voce considerata “FUORI DAL CORO”.
Certamente non il benessere dei lavoratori.
Il Segretario Nazionale
Federazione UGL FP
Alessandro Di Stefano