Un’autentica mina vagante nel Mediterrano: questa è la Turchia di Erdogan che, fra le varie cose, ha nostalgia di allungare le mani sulla Libia che gli fu strappata nel 1911 dal Regno d’Italia. Parola del generale Giuseppe Morabito, alto ufficiale dell’Esercito Italiano che ha lasciato il servizio attivo nel 2016 ma che dal 2007 collabora con alcune università italiane come esperto di settore, focalizzando i suoi studi su questioni riguardanti i Balcani e il Medio Oriente. Inoltre svolge attività didattica focalizzata sul Medio Oriente presso tutti gli istituti di formazione militare in Italia ed alcuni organizzazioni similari nel Medio Oriente. Il Generale Morabito intrattiene relazioni di reciproco interesse con Giordania, Israele, Mauritania, Tunisia, Kuwait, Oman ed Emirati Arabi. Morabito è membro fondatore dell’Institute for Global Security and Defense Affairs (IGSDA), è membro del Collegio dei Direttori della NATO Defense College Foundation (NDCF) e membro dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia (UNUCI).
La Turchia ha iniziato da qualche tempo a trivellare a largo dell’isola di Cipro. Qual è esattamente la situazione, quali gli scenari?
La Turchia ha annunciato lo scorso ottobre di aver inviato una nave da perforazione per petrolio e gas nelle acque al largo di Cipro meridionale dove le autorità greco-cipriote hanno già assegnato diritti di esplorazione d’idrocarburi a società italiane e francesi. Ankara, sfidando le crescenti critiche europee, aveva affermato che la nave dovesse avviare nuove “esplorazioni” da subito. La controversia tra Nicosia e Ankara è molto tesa. La Turchia afferma che alcune delle aree che Cipro sta esplorando insistano sulla propria piattaforma continentale ovvero dove i ciprioti turchi vantano uguali diritti su qualsiasi reperto con i ciprioti greci. La Turchia ha già esplorato due pozzi nelle acque ad est ed ovest dell’isola, scatenando negli ultimi mesi sia forti proteste, da parte di Nicosia e dell’Unione europea, sia la minaccia di sanzioni dall’UE. La presidenza cipriota ha accusato Ankara di “tattiche di bullismo di un’era ormai lontana” e ha invitato la Turchia a ritirarsi dall’area. Questa provocazione è un chiaro esempio della sfida di Erdogan contro l’Unione Europea e del fatto che il presidente turco non dà seguito alle ripetute esortazioni della comunità internazionale a cessare le attività, palesemente illegali. Una prova in più della condotta provocatoria e aggressiva di Ankara, che ha scelto di allontanarsi rapidamente e irreversibilmente dalla legalità internazionale, mettendo così a rischio la sicurezza e la stabilità nel Mediterraneo. Mi si consenta di aggiungere che in tema di bugie Ankara e il suo presiedente sono alla totale avanguardia mondiale. I turchi oltre alla pretesa che l’area di perforazione si trovi all’interno della piattaforma continentale turca validata dalle Nazioni Unite hanno anche portato avanti la teoria che le licenze di autorizzazione emesse da Ankara sono in essere perché la Turchia non riconosce le rivendicazioni marittime dei greco-ciprioti. Si è arrivati al punto di cercare di far passare la notizia che le azioni dei greco-ciprioti hanno violato i diritti della Turchia e dei turco-ciprioti.
Quali sono le state le reazioni della Grecia e della parte greca di Cipro?
La diplomazia greca concorda che le azioni di Ankara fossero in completa violazione di qualsiasi istanza giuridica internazionale. In questo scenario la Turchia è senza dubbio uno “stato pirata” e si sta trasformando nello stato pirata nel Mediterraneo orientale percorrendo, non solo in questo frangente la strada dell’illegalità e scorrettezza. Esempi ce ne sono numerosi basti pensare all’attacco ai Curdi senza rispettare la Convenzione di Ginevra (con l’uso di milizie mercenarie, ex combattenti Jiadisti, di fianco all’esercito regolare di un paese membro della NATO) ovvero l’acquisto, di tecnologia e armamenti russi.
La situazione sembra preoccupare anche l’Unione Europea, in particolare alcuni paesi come la Francia, può chiarirci questo particolare? L’Italia che atteggiamento assume?
L’Unione europea ha invitato la Turchia a rinunciare ai piani di perforazione nel Mediterraneo orientale, sostenendo che tale esplorazione sia illegale. Il governo cipriota, acclarato internazionalmente, ha scoperto gas offshore nel 2011 ed ha concesso licenze a società multinazionali per la ricerca di petrolio e gas. La Francia con Total, come l’Italia con ENI, hanno enormi interessi nell’area, soprattutto a valle degli accordi presi da tempo con Nicosia. In questi giorni primo ministro greco Mitsotakis ed il presidente francese Macron concordano sulla riprovazione dell’attività “banditesca” turca sia in Libia sia a Cipro. I movimenti dei turchi nel Mediterraneo sono una chiara violazione dell’Accordo di Berlino e la Francia è sicuramente dalla parte di Grecia e Cipro contro le provocazioni turche e le violazioni dei loro diritti sovrani dei due paesi. Le due nazioni hanno una visione strategica comune per quanto ha tratto con le tematiche di Ue e Mediterraneo a tal punto che la marina militare di Atene prevede l’acquisto di due navi fregate francesi. L’Italia, al momento, non ha fatto sentire la sua voce con simile autorevolezza. La Marina Militare Italiana, sicuramente più attrezzata e preparata di quella turca, ha la possibilità di iniziare a difendere i nostri interessi nazionali, quelli veri, quelli per cui esiste.
Secondo lei come sta reagendo la Turchia e il suo leader Erdoğan alle proteste dei paesi mediterranei, in stato di allerta anche a causa degli accordi Turco-Libico sulle fonti energetiche?
A mio parere Erdogan ha nostalgia di allungare le mani su quello stato vassallo che gli fu strappato nel 1911 dal Regno d’Italia, ed ha un enorme interesse verso le risorse energetiche del Mare Nostrum. La Libia ha immensi giacimenti e lo sfruttamento dei terminali costieri fa gola a italiani, francesi, inglesi, statunitensi e ultimamente a russi e turchi. I turchi sono vicini al giacimento “Afrodite” al largo di Cipro (200 miliardi di metri cubi di gas naturale), ovvero ai giacimenti offshore israeliani “Leviathan”, “Karish” e “Tanin” . In prospettiva c’è il progetto East Med, siglato dai ministri dell’Energia di Grecia, Israele e Cipro che prevede la costruzione di un gasdotto da 6 miliardi di dollari che, inizialmente, dovrebbe trasportare dieci miliardi di metri cubi di gas all’anno dalle acque israeliane e cipriote nell’isola greca di Creta, poi verso la terraferma greca e la rete europea attraverso l’Italia. Questo sarebbe in palese concorrenza con il gasdotto russo-turco Turk Stream (15 miliardi di metri cubi di gas naturale, che Putin ed Erdogan hanno concordato a inizio anno). È evidente che Grecia, Israele, Cipro, Russia Turchia, Francia e Italia sono interessate al grande affare del gas del Mare Nostrum. Quello che bisogna ad ogni costo evitare sarà la contingenza che nel futuro si sia costretti a comprare gas libico da Erdoğan. Perché’ se i tagliagole al soldo dei turchi prendono possesso della zona di partenza del Green Stream (in uso dal 2004) non si può prospettare nulla di positivo. Per gli anni a venire Green Stream rimane l’unico passaggio diretto tra Libia e Europa, via Sicilia, se si esclude l’uso di enormi navi per trasporto di gas e petrolio, non nella disponibilità attuale della Turchia. Si configura l’eventualità di dover pagare ai turchi appoggiati dai russi in transito su Green Stream: una follia! Per tornare alla domanda posso confermare che la Turchia va avanti per la sua strada di non rispetto di regole e trattati. Ultimo tra tutti quello di Berlino, dopo il quale, e a dispetto delle belle parole della Cancelliera Merkel, Erdogan (che logicamente nega l’evidenza) ha continuato a mandare a Tripoli aiuti militari e i citati “tagliagole’ da lui già assoldati, tra turcomanni ed ex terroristi Isis, per eliminare i Curdi. In poche parole…non gli interessa nulla di nulla del pensiero/possibile azione EU. La morale nello specifico è, come ha già detto qualcuno: “il nuovo sultano turco non rispetta le regole e se ne fa delle proprie”.
Dal punto di vista strategico, cosa significano per la Turchia i giacimenti a Cipro?
La Turchia è l’unico Paese a riconoscere l’indipendenza della Repubblica Turca di Cipro del Nord. Nello specifico, come accennato precedentemente, non accetta la delimitazione della ZEE effettuata da Nicosia. La Zona Economica Esclusiva (ZEE) è, di fatti, l’area marina adiacente alle acque territoriali, su cui uno Stato possiede i diritti per la gestione delle risorse naturali e viene delineata entro 200 miglia dalle linee di base dalle quali è misurata l’ampiezza del mare territoriale (12 miglia dalla costa). Nicosia, che reclama la sovranità su tutto il territorio cipriota, ha demarcato la propria ZEE dalle acque territoriali adiacenti l’isola di Cipro nella sua interezza. Ankara, giustificandosi con la difesa di Cipro Nord punta a indurre Nicosia ad accettare lo sfruttamento congiunto delle risorse marine situate all’interno di tutta la ZEE dell’isola, compresa la parte sud dove sono stati finora rinvenuti i giacimenti di gas. Con tutta evidenza, Ankara punta a utilizzare la questione di Cipro Nord come leva negoziale su una serie di istanze sulle relazioni con l’UE ed i rapporti di forza regionali. Ankara punta a diventare snodo fondamentale del flusso energetico tra area russo-caucasica, mediorientale ed europea. L’aggressività turca nei mari ciprioti va considerata un puntello geopolitico, con rivendicazioni che vanno potenzialmente ben oltre il semplice significato economico e provano a inserirsi nei delicati equilibri politici regionali. La Turchia, lasciatemi dire “purtroppo”, è un paese NATO e nella sua affannosa ricerca di “dominio” reale agisce in deroga all’Alleanza e stringe accordi economici dove e come può con Russia e Iran, che sono, come noto, i principali avversari a livello strategico rispettivamente a Est e Sud dell’Alleanza stessa. È bene rilevare come, benché importanti, le citate nuove scoperte di giacimenti di gas non alterano significativamente gli equilibri di un mercato energetico mondiale rivoluzionato dalla commercializzazione dello shale oil/gas da fracking statunitense ed il conseguente abbassamento del prezzo del petrolio. Nonostante ciò, la possibilità di successive scoperte e le motivazioni di ordine strategico, prima ancora dell’aspetto economico, alimentano le prospettive di sfruttamento del gas del Mediterraneo orientale, suscitando un forte interesse dell’Europa e dei già citati paesi, Italia inclusa. Inclusa sia per necessità diretta di energia sia per sfruttare i diritti di transito sulla Penisola.
Emanuela Locci (storica del Mediterraneo – Università di Torino)
Fonte: https://www.groi.eu/zoGjh