Siamo tutti immersi in un evento globale di cui nessuno ad oggi può definirne i confini sia temporali che territoriali.
Gli scienziati si agitano in continue analisi e proiezioni matematiche spesso prive di robusti supporti fattoriali declinando le tempistiche del raggiungimento del picco epidemico di settimana in settimana.
Intanto il tempo passa ed i cittadini iniziano a perdere la fiducia privilegiata nelle istituzioni e negli esperti che purtroppo non facendo fronte comune hanno trasformato le analisi di sistema in previsioni meteorologiche che hanno valore solo per quindici giorni.
Eppure la letteratura in materia epidemica esprime valori scientifici per l’evoluzione possibile di una pandemia, analogamente i piani di emergenza sia militari che di difesa civile ci dicono che l’emergenza per il contrasto ad una pandemia venga decretata per almeno sei mesi.
Il Premier Conte ha infatti dichiarato lo stato emergenziale fino al 31 luglio, questo non significa che il distanziamento sociale debba obbligatoriamente esserci per sei mesi, ma per raggiungere un contenimento valido all’epidemia occorre rimanere isolati certamente fino a maggio inoltrato, non prima.
Questo tipo di abduzione parte dalla proiezioni degli elementi reali a disposizione e dalla valutazione dello storico acquisito, la possibilità di errore è bassa.
Nonostante in questo periodo siano tutti diventati specialisti di qualche cosa senza avere nessuna competenza in merito, nessuno discute con chiarezza sui tempi necessari per uscire dalla crisi e la criticità più significativa è senza dubbio nella comunicazione istituzionale.
Occorre comunicare la verità sui mesi ancora necessari da passare in isolamento; occorre una visione prospettica, una programmazione, una pianificazione del tempo in cui saremo ancora obbligatoriamente chiusi in casa.
La resilienza è possibile se la comunicazione sarà sincera, realistica, siamo tutti soldati in questa guerra ma dobbiamo sapere come continuare a combattere e per quanto tempo.