Category Archives: Politics
The continuous crisis of the Muslim Brotherhood
How to counter Sectarianism
Follow the money
Al Serraj nuovo Premier di unità nazionale libica ha capito subito che per gestire pienamente la transizione verso politiche condivise tra tutte le fazioni presenti deve entrare immediatamente in possesso del patrimonio di Gheddafi congelato in asset esteri dalle sanzioni Onu del 2011, sbloccando, inoltre, le leve finanziarie legate allo sfruttamento del petrolio e del gas.
“Segui i soldi” è oggi l’imperativo assoluto del Premier libico e la Coalizione internazionale è pronta a togliere le sanzioni per permettere a Serraj di diventare l’unico ufficiale pagatore ed il vero datore di lavoro riportando il paese alla normalità con gli stipendi istituzionali regolarmente pagati. La Libyan Investment Authority ( LIA ) con i suoi 85 miliardi di dollari di patrimonio, la National Oil Company ( NOC ) e la Banca centrale rappresentano il tesoro del vecchio Dittatore ed ora possono entrare nella disponibilità del nuovo corso libico per dare la stabilità ad un paese ancora diviso e non pacificato. La battaglia da vincere in questa fase è tutta economica e non militare ripristinato il circolo di denaro che determina il Pil libico anche gli altri contendenti Khalifa Ghwen, Nouri Abu Sahimin e Aguila Saleh troveranno la giusta collocazione nelle future dinamiche di gestione libiche.
Sul fronte terroristico la situazione è di stallo il califfato ha provato senza successo a prendere possesso di alcuni terminali petroliferi per finanziarsi attraverso il contrabbando di greggio con Tunisia e Malta ma questo tipo di traffico risulta oggi estremamente difficile per i frequenti controlli delle forze militari occidentali. La partita, quindi, anche sul fronte Isis si gioca esclusivamente sul piano finanziario, la progressiva riduzione delle risorse economiche porterà ad un graduale arretramento dei terroristi sul territorio libico. La guerra sarà vinta dalla finanza, tutte le fazioni in lotta sono ,infatti, disposte ad andare verso la pacificazione se avranno un favorevole accordo economico
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Al Serraj nuovo Premier di unità nazionale libica ha capito subito che per gestire pienamente la transizione verso politiche condivise tra tutte le fazioni presenti deve entrare immediatamente in possesso del patrimonio di Gheddafi congelato in asset esteri dalle sanzioni Onu del 2011, sbloccando, inoltre, le leve finanziarie legate allo sfruttamento del petrolio e del gas.
“Segui i soldi” è oggi l’imperativo assoluto del Premier libico e la Coalizione internazionale è pronta a togliere le sanzioni per permettere a Serraj di diventare l’unico ufficiale pagatore ed il vero datore di lavoro riportando il paese alla normalità con gli stipendi istituzionali regolarmente pagati. La Libyan Investment Authority ( LIA ) con i suoi 85 miliardi di dollari di patrimonio, la National Oil Company ( NOC ) e la Banca centrale rappresentano il tesoro del vecchio Dittatore ed ora possono entrare nella disponibilità del nuovo corso libico per dare la stabilità ad un paese ancora diviso e non pacificato. La battaglia da vincere in questa fase è tutta economica e non militare ripristinato il circolo di denaro che determina il Pil libico anche gli altri contendenti Khalifa Ghwen, Nouri Abu Sahimin e Aguila Saleh troveranno la giusta collocazione nelle future dinamiche di gestione libiche.
Sul fronte terroristico la situazione è di stallo il califfato ha provato senza successo a prendere possesso di alcuni terminali petroliferi per finanziarsi attraverso il contrabbando di greggio con Tunisia e Malta ma questo tipo di traffico risulta oggi estremamente difficile per i frequenti controlli delle forze militari occidentali. La partita, quindi, anche sul fronte Isis si gioca esclusivamente sul piano finanziario, la progressiva riduzione delle risorse economiche porterà ad un graduale arretramento dei terroristi sul territorio libico. La guerra sarà vinta dalla finanza, tutte le fazioni in lotta sono ,infatti, disposte ad andare verso la pacificazione se avranno un favorevole accordo economico
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The new phase of fighting terrorism
New Security Challenges
Bruxelles il bersaglio ideale
Hanno scelto Bruxelles perché è il simbolo dell’Europa che ha rinunciato ai suoi valori per una pace mai arrivata. Hanno scelto Bruxelles perché in Belgio i Jahidisti sono stati per anni tollerati fino ad avere una vera e propria egemonia etnica.
Hanno scelto Bruxelles perché gli apparati di sicurezza belgi in questi ultimi quattro mesi non hanno fatto passi avanti arretrando invece in termini di prevenzione. Oggi non possiamo più ascoltare i profeti televisivi che cercano le motivazioni sociali di islamici emarginati per giustificare un attentato e una strage, non siamo di fronte ad un ragazzo depresso che decide di farsi esplodere, non è così.
L’Europa, sbagliando, ha scelto di stringere alleanze strategiche con gli uni e con gli altri pensando che questo potesse portare alla pace ed invece siamo in guerra. Gli attentati di Bruxelles indicano chiaramente una vera e propria tattica di intervento pianificata da tempo e gestita con una catena di comando e controllo di formazione militare, la risposta all’attacco non può essere sempre e solo emozionale ed apparentemente dura per una settimana per poi trasformarsi in retorica fino al prossimo attentato. Occorre, invece, creare una intelligence coordinata in tutta Europa con condivisione delle banche dati, nuovi sistemi di difesa passiva degli obiettivi a maggior rischio, anagrafe della video sorveglianza nelle città, analisi attiva delle riprese video e massicce azioni preventive di controllo sugli ambienti culturali islamici che generano il radicalismo.
Frontex ed Europol lavorano ancora su data base separati, il Belgio ha sei corpi di polizia che non comunicano ed una intelligence incapace di infiltrarsi. Molenbeek è un ghetto di 90.000 persone di religione islamica totalmente impenetrabile dall’esterno ed è l’esempio di una Europa capace solo di generare ghetti etnici su cui non riesce ad avere alcun controllo. Dobbiamo,oggi, avere paura del futuro, ma dobbiamo anche essere pronti a difenderci con una vera strategia comune di intervento coordinata da un Fusion Center, letteralmente Centro di Fusione, incardinato su tre livelli: Politica – Intelligence – Militare che corrisponde rispettivamente alla decisione politica all’analisi strategica ed all’azione operativa. Occorre, inoltre, agire sullo scenario internazionale: non dobbiamo più strizzare l’occhio ad Arabia Saudita e Quatar che alimentano economicamente le correnti salafite, brodo di coltura del terrorismo islamico. A Bruxelles inspiegabilmente non sono state applicate le procedure di difesa previste durante un attacco terroristico un’ora dopo le bombe in aeroporto la metro non era stata chiusa, perché? Il filtro di polizia in borghese all’interno dell’aerostazione non c’era, perché? Il dubbio che una “Spectra” mondiale cerchi di instaurare un nuovo ordine esiste e se nelle prossime settimane il contrasto al terrorismo non si declinerà in azioni concrete, allora sarà più di un dubbio.
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Bruxelles il bersaglio ideale
Hanno scelto Bruxelles perché è il simbolo dell’Europa che ha rinunciato ai suoi valori per una pace mai arrivata. Hanno scelto Bruxelles perché in Belgio i Jahidisti sono stati per anni tollerati fino ad avere una vera e propria egemonia etnica.
Hanno scelto Bruxelles perché gli apparati di sicurezza belgi in questi ultimi quattro mesi non hanno fatto passi avanti arretrando invece in termini di prevenzione. Oggi non possiamo più ascoltare i profeti televisivi che cercano le motivazioni sociali di islamici emarginati per giustificare un attentato e una strage, non siamo di fronte ad un ragazzo depresso che decide di farsi esplodere, non è così.
L’Europa, sbagliando, ha scelto di stringere alleanze strategiche con gli uni e con gli altri pensando che questo potesse portare alla pace ed invece siamo in guerra. Gli attentati di Bruxelles indicano chiaramente una vera e propria tattica di intervento pianificata da tempo e gestita con una catena di comando e controllo di formazione militare, la risposta all’attacco non può essere sempre e solo emozionale ed apparentemente dura per una settimana per poi trasformarsi in retorica fino al prossimo attentato. Occorre, invece, creare una intelligence coordinata in tutta Europa con condivisione delle banche dati, nuovi sistemi di difesa passiva degli obiettivi a maggior rischio, anagrafe della video sorveglianza nelle città, analisi attiva delle riprese video e massicce azioni preventive di controllo sugli ambienti culturali islamici che generano il radicalismo.
Frontex ed Europol lavorano ancora su data base separati, il Belgio ha sei corpi di polizia che non comunicano ed una intelligence incapace di infiltrarsi. Molenbeek è un ghetto di 90.000 persone di religione islamica totalmente impenetrabile dall’esterno ed è l’esempio di una Europa capace solo di generare ghetti etnici su cui non riesce ad avere alcun controllo. Dobbiamo,oggi, avere paura del futuro, ma dobbiamo anche essere pronti a difenderci con una vera strategia comune di intervento coordinata da un Fusion Center, letteralmente Centro di Fusione, incardinato su tre livelli: Politica – Intelligence – Militare che corrisponde rispettivamente alla decisione politica all’analisi strategica ed all’azione operativa. Occorre, inoltre, agire sullo scenario internazionale: non dobbiamo più strizzare l’occhio ad Arabia Saudita e Quatar che alimentano economicamente le correnti salafite, brodo di coltura del terrorismo islamico. A Bruxelles inspiegabilmente non sono state applicate le procedure di difesa previste durante un attacco terroristico un’ora dopo le bombe in aeroporto la metro non era stata chiusa, perché? Il filtro di polizia in borghese all’interno dell’aerostazione non c’era, perché? Il dubbio che una “Spectra” mondiale cerchi di instaurare un nuovo ordine esiste e se nelle prossime settimane il contrasto al terrorismo non si declinerà in azioni concrete, allora sarà più di un dubbio.
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